I 10 selfie della competitività italiana

I 10 selfie della competitività italiana

Il rapporto della fondazione Symbola presenta i punti di forza di un’Italia vincente ed efficiente

 

La Fondazione Symbola ha pubblicato di recente il dossier: “L’Italia in dieci selfie”. Si tratta di un’iniziativa per comunicare un’immagine diversa dell’Italia e del suo potenziale che spesso, soprattutto in questo periodo di crisi, non riceve l’attenzione che merita.

 

I dati e gli spunti proposti nel dossier sono il frutto di indagini e ricerche effettuate dalla stessa fondazione Symbola, e da altri enti e associazioni che hanno collaborato nel progetto, tra cui Unioncamere, Fondazione Edison, Aaster, Coldiretti e Ucimu

 

Questi i 10 selfie:

 

1) L’Italia è uno dei soli cinque paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari, in compagnia di grandi potenze industriali come Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud. Mentre Francia (-34 mld), Gran Bretagna (-99) e Usa (-610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario (fonte: 10 Verità sulla competitività italiana di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison)

 

2) Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale) nel 2012 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 (fonte: 10 Verità sulla competitività italiana di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison);

 

3) Considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei paesi meno indebitati al mondo: quello italiano, nonostante crisi e austerity non siano state indolori nemmeno per le famiglie, pesa il 261% del Pil. Quello del Giappone il 412%, quello della Spagna il 305%, quello del Regno Unito il 284% e quello degli Stati Uniti il 264% (fonte: 10 Verità sulla competitività italiana di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison);

 

4) Per 77 prodotti l’Italia è leader dell’agroalimentare nel mondo. Tra i prodotti dell’agroalimentare italiano ben 23 non hanno rivali sui mercati internazionali e vantano le maggiori quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 54 per i quali è seconda o terza. Nonostante la contraffazione e la concorrenza sleale dell’Italian sounding, è sul podio nel commercio mondiale per ben 77 prodotti. È, inoltre, il Paese più forte per prodotti ‘distintivi’, con 269 prodotti Dop, Igp e Stg (a cui si aggiungono 4.816 specialità tradizionali regionali), seguito a distanza dalla Francia, con 207, e dalla Spagna, con 162. (fonte: 10 Verità sulla competitività italiana – Focus Agroalimentare di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison per Coldiretti);

 

5) L’Italia è il secondo paese più competitivo al mondo nel machinery. L’industria italiana del machinery occupa i vertici delle graduatorie mondiali di settore. Nella classifica di competitività calcolata sulla base del Trade performance Index, elaborato dall’International Trade Centre dell’UNCTAD/WTO, l’industria italiana della meccanica risulta seconda solo a quella tedesca. (Fonte: 10 Verità sulla competitività italiana – Focus Machinery di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison per Fondazione Ucimu);

 

6) Dalla green economy il turbo per le imprese italiane. Il 22% delle aziende italiane, percentuale che sale al 33% delle imprese manifatturiere, nella crisi hanno scommesso sulla green economy, settore che vale 101 miliardi di euro di valore aggiunto, il 10,2% dell’economia nazionale. Una scelta vincente. In termini di export: se consideriamo le imprese manifatturiere, il 44% di quelle che investono green esportano stabilmente, contro il 24% di quelle che non lo fanno. E di innovazione: il 30% delle aziende manifatturiere che puntano sul verde hanno sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15% delle altre. Con i green jobs: sono diventati protagonisti dell’innovazione e coprono addirittura il 70% di tutte le assunzioni destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle aziende italiane (fonte: GreenItaly 2014 di Fondazione Symbola e Unioncamere);

 

7) L’Italia è leader in Europa per eco-efficienza del sistema produttivo. Ed è campione nell’industria del riciclo. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale, con 104 tonnellate di anidride carbonica per milione di euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia). È campione europeo nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, in Italia ne sono stati recuperati 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i Paesi europei (in Germania sono 22,4). Milano, la città dell’EXPO è, insieme a Vienna, per raccolta differenziata, in cima alla classifica delle metropoli europee sopra il milione di abitanti e ha nel mondo, fra le grandi città, il primato delle persone servite dalla raccolta dell’organico (fonti: GreenItaly 2014 di Fondazione Symbola e Unioncamere e 10 Verità sulla competitività italiana di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison);

 

8) Con la cultura l’Italia mangia. Alla filiera della cultura – 443.458 aziende, il 7,3% del totale nazionale – l’Italia deve 80 miliardi di euro, il 5,7% della ricchezza prodotta. Ma arriva a 214 miliardi, il 15,3% del valore aggiunto nazionale, se consideriamo quella parte dell’economia nazionale che, come il turismo, cresce di 1,67 euro per ogni euro prodotto dalla cultura (fonte: Io sono Cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. Rapporto 2014 di Fondazione Symbola e Unioncamere);

 

9) L’Italia è, nell’eurozona, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Grazie a cultura, bellezza e qualità, è il primo paese per pernottamenti di turisti extra Ue, con 56 milioni di notti. È la meta preferita di Paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat). Un risultato che ha solide radici nella bellezza e nella cultura di cui il Paese è ricco. L’Italia, non a caso, è il Paese che nel mondo vanta il maggior numero di siti Unesco nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità (51 su 1001). Fonte: 10 Verità sulla competitività italiana – Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison;

 

10) Coesione: ricetta per competere. Le imprese “coesive” – quelle più legate alle comunità, ai lavoratori, al territorio, che investono nelle competenze, nella sostenibilità, nella qualità e bellezza – sono più competitive. Nel 2013 queste imprese hanno aumentato il fatturato nel 39% dei casi rispetto al 2012, contro il 31% delle non coesive. Hanno visto crescere l’occupazione nel 22% contro il 15%. Non è forse un caso se, tra il 2007 e il 2012, pur senza misure pubbliche a sostegno, sono imprese italiane quelle che hanno guidato – dietro gli Usa – il re-shoring mondiale e rappresentano oggi il 60% delle rilocalizzazioni europee. (Fonte: Coesione è Competizione – Le nuove geografie della produzione del valore in Italia di Consorzio Aaster, Fondazione Symbola e Unioncamere.)

 

Per maggiori informazioni: http://www.symbola.net/html/article/italia10selfie2015

 

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Nuovo record dell’export spagnolo nel 2014

Nuovo record dell’export spagnolo nel 2014

Da gennaio a dicembre, le esportazioni sono aumentate del 2,5% e hanno superato per la prima volta la soglia dei 240 miliardi di euro. Il deficit commerciale, di 24.471,9 milioni di euro, è il secondo più alto dal 1998, nonostante l’aumento delle importazioni

 

L’export spagnolo è cresciuto, in termini inetrannuali, del 2,5% nel 2014, per un totale di 240.034,9 milioni di euro, una cifra record per il paese iberico.

 

In termini reali, la crescita è stata maggiore (+3,5%), per via della diminuzione dell’1% dei prezzi delle esportazioni corretti dgli Indici dei valori medi unitari (V.m.u.). La Spagna quindi ha chiuso l’anno on un comportamento posiivo dele sue vendite all’estero, superando il tasso di crescita dell’export europeo (+1,3%) e di quello relativo alla zona euro (1,8%), così come di paesi come l’Italia (2,0%, la francia (-0,2%) o il Regno Unito (-11,1%). Le esportazioni tedesche sono aumentate invece del 3,9%, mentre, al di fuori dell’UE, quelle degli USA e del Giappone sono auemntate rispettivamente del 2,8% e del 4,8%.

 

Per quanto riguarda le importazioni, hanno raggiunto la cifra totale di 264.506,7 milioni di euro, con un incremento del 5,7% rispetto al 2013. In termini reali, l’import è aumentato dell’8,3% , essendo diminuiti del2,4 i prezzi corretti dagli indici dei valori medi unitari (V.m.u.).

 

Il deficit commeriale ha registrato un valore di 24.471,9 milioni di euro, il secondo valore più basso dal 1998, dopo quello registrato nel 2013 (-15.967 milioni di euro), anhe se in questa occasione si produce in un contesto di aumento delle importazionivincolato alla crescta del’economia nazionale. Il surplus non energetico ha raggiunto i 13.599,3 milioni di euro e il deficit energetico si è ridoto del 7,1% fino ai 38.071,1 milioni di euro.

 

Il tasso di copertura ha raggiunto il 90,7%, 2,9 punti in meno rispetto al 2013. Considerando l’intero 2014, la domanda di alcuni dei grandi paesi emergenti si è contratta ed è stata coperta principalmente dalla domanda intracomunitaria.

 

Il peso dell’export all’UE è stato del 63,4% sul totale, (62,6% nel 203). Se si considera la sola zona euro, il peso è del 49,7%. L’export all’UE è aumentato del 3,9% (stessa variazione se si considera la zona euro). In particolare, sono aumentate in modo considerevole le esportazioni ai princiopali partner commerciali del paese ibericò: Germania (+5,7%), Italia (+5,1%), portogallo (+3,0%) e Francia (+0,1%).

 

Relativamente ai paesi extracomunitari, si sono registrati andamenti divergenti, con incrementi importanti dell’export nell’America del Nord (+22,0%) e in Asia (escluso il Medio Oriente, +16,3%). In particolare, hanno registrato importanti variazioni positive le esportazioni agli Stati Uniti (+22,6%), Canada (+18,6%), Corea del Sud (83,6%) e Giappone (+18,4%). L’export al’America Latina si è ridotto invece del 6,7%, in particolare con il Venezuela (-40,9%), Brasile (-13,3%), Cile (-11,1%) e Argentina (-2,5%).

 

In termini settoriali va evidenziata l’ottima performance del settore automobilistico, il cui export è aumentato del 6,2%, contribuendo al 14,8% del totale. Si osserva anche un comportamento positivo dei settori:  manufatture di consumo, con una crescita del 7,8% (9,2% del totale); alimentazione, bevande, tabacco, con un aumento del 4,4% (15,5% del totale); prodotti energetici, con un incremento del 7,1% (7,2% del totale), dovuto essenzialmente all’aumento dell’export di gas (+56,8%)

 

Fonte: Moneda Única – http://revista.monedaunica.net/

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Creatività nelle imprese: la situazione in Spagna

Creatività nelle imprese: la situazione in Spagna

Intervista a María Escat, Professoressa Associata presso il Dip. Di organizzazione Aziendale dell’Università Autonoma di Madrid

 

1) Crede che in Spagna si dia il giusto peso alla creatività come elemento necessario per lo sviluppo di un’attività imprenditoriale?

No. Credo che in Spagna non si conosca ancora il concetto di creatività e si confonde con quello di Innovazione, quando invece si tratta di due processi differenti. Mentre il primo si riferisce alla capacità di creare, il secondo si associa alla capacità di introdurre novità nell’impresa. Si tratta di una differenza notevole dal momento che la creatività ha a che fare con una capacità individuale, e l’innovazione con uno sforzo collettivo nel quale deve implicarsi necessariamente la Direzione Generale.

D’altra parte – e per non essere pessimista- credo che, o per necessità o per novità, si stia iniziando a dare un certo peso all’innovazione. Tuttavia si vede in essa una forma per uscire dalla crisi o comunque un’opportunità data alla crisi; in un certo modo, sembra che in alcune imprese spagnole si inizi a pensare al ritorno dell’investimento come come forma di raggiungere una migliore produttività nel mercato.

 

2) La crisi sembra quindi aver modificato la percezione sulla necessità di innovare da parte delle imprese spagnole

Effettivamente la ricerca di un maggiore vantaggio competitivo ha portato le imprese a dover  “definire se stesse” (in Spagna nel campo della Direzione di Persona siamo passati dal ripensare lo sviluppo della carriera professionale alla ricerca della felicità del lavoratore, passando per la malriuscita retenzione del talento) e logicamente a ricercare nuove soluzioni, tra cui sembra esserci l’innovazione ma,-attenzione!- non la creatività, che è forse il punto per cui si sarebbe potuto iniziare; mentre la creatività inizia dall’individuo, l’innovazione parte dall’intero staff.

L’impresa spagnola, nella sua ricerca di differenzazione, credo che ha iniziato a scommettere sull’innovazione come ritorno dell’investimento.

 

Profesora Maria Escat

 

3) In che modo si può promuovere la creatività nell’ambiente di lavoro?

Come ho affermato in precedenza, non vedo chiari sintomi di creatività nell’impresa spagnola, anche se, considerando la creatività come prodotto dell’innovazione (ovvero come l’insieme di contributi individuali che danno come risultato qualcosa di innovativo), possiamo dire che si sono indizi di creatività.

Alcuni esempi di come promuovere la creatività li stiamo già individuando. Alcune imprese spagnole, infatti, stanno pagando bonus per creatività, altre concedono più autonomia ai propri lavoratori, in altri casi ancora le imprese partecipano a concorsi per l’innovazione. Sono tutte formule che favoriscono e incentivano la creatività nel lavoratore.

 

4) Crede che la creatività e l’innovazione abbiano un peso sufficiente negli attuali piani formativi per manager e imprenditori? 

Onestamente credo di no. Secondo me siamo ancora molto indietro in questo ambito, anche se c’è a riconoscere che, relativamente agli imprenditori, la creatività è un’abilità che è associata alla loro stessa condizione, spinti dalla crisi che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni.

Per ciò che riguarda i manager, non c’è ancora un’effettiva presa di coscienza sull’importanza della creatività e dell’innovazione. Dal mio punto di  vista, il manager vede nell’innovazione un modo di aumentare la produttività, ma non ancora un elemento necessario nell’organizzazione.

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